Ortofrutta, un aiuto arriva dagli scarti di lavorazione

Ortofrutta, un aiuto arriva dagli scarti di lavorazione

di Fabio Ciarla

Se la parola sostenibilità, per avere un senso compiuto, deve riguardare l’intera filiera di ogni prodotto allora anche nell’agroalimentare non si può prescindere dagli scarti di lavorazione.

Un tema caro in particolare per la questione degli sprechi alimentari, che la nostra società si sta impegnando a ridurre al minimo a tutti i livelli, ma anche in vista di innovazioni sul tema rifiuti.

L’agricoltura, in questo senso, è sempre stata un esempio visto che il sistema produttivo si è sempre fatto carico dell’utilizzo dei materiali di scarto, dal letame degli animali da cortile come concime a salire a tutto il resto.

La novità è però rappresentata da concetti nuovi, come il biogas o la trasformazione in mangimi di molti degli scarti di lavorazione, in quest’ultimo caso soprattutto se parliamo di Ortofrutta.

Ovviamente non si tratta di un processo di immediata realizzazione, esistono regole e normative – tese a tutelare la salute animale e quella umana – che impongono una serie di controlli nei confronti di chi cede gli scarti di lavorazione.

Non deve innanzitutto essere in discussione la sanità dei “rifiuti” ceduti, che possono avviarsi a questo processo solo per difetti, magari estetici, ma comunque integri e genuini affinché non siano un pericolo.

Importante, ovviamente, anche la conservazione affinché tali residui non si deteriorino.

In questo caso l’unica soluzione è il trattamento come rifiuto vero e proprio e quindi l’esclusione dal percorso per diventare mangimi per animali.

Una modalità nuova di pensare al ciclo agricolo, che a fronte di una corretta organizzazione e di una capacità di integrare la propria struttura, potrebbe dare un buon vantaggio anche economico all’azienda oltre che all’ambiente.

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