Melograno, ritorno al futuro con una produzione da 300 quintali per ettaro

Melograno, ritorno al futuro con una produzione da 300 quintali per ettaro

di Fabio Ciarla

Impiantare un ettaro di melograno costa minimo 10.000 euro mentre la produzione lorda vendibile per l’azienda si aggira intorno ai 18-20.000 euro l’anno a pieno regime. Calcolando che la pianta di melograno può vivere e fruttificare anche per 35 anni ci sarebbe di che sfregarsi le mani, ma ovviamente oltre ai lati positivi ci sono anche quelli negativi. A cominciare dal periodo di 5 anni necessario a raggiungere la massima produzione, ovvero circa 300 quintali ad ettaro. Calcolando che il primo anno non si raccoglie, che il secondo si può sperare solo in qualche sporadico frutto e che al terzo la produzione è intorno alla metà del potenziale si capisce bene che i conti bisogna farli in un ciclo almeno decennale. Inoltre va conteggiata la coltivazione, che necessita di baulatura e buone quantità di acqua, circa 7000 metri cubi annui per ettaro, mentre non mancano le difficoltà di protezione a causa della carenza di protocolli dedicati al melograno.

Ma, ovviamente, a fare la differenza tra un investimento interessante e uno perdente è il mercato, e ad oggi la richiesta di melograno sembra in continuo aumento, in particolare nel segmento salutistico.

Stiamo parlando di un frutto storicamente legato al Mediterraneo e alle popolazioni che lo abitavano, attualmente simbolo della Turchia (che lo ha scelto anche come ispirazione per il padiglione dell’EXPO di Milano) e fortemente coltivato in paesi come Iran e Cina, ma anche Spagna e Israele (che sono i maggiori importatori per l’Italia). Proprio dall’estero arrivano i maggiori quantitativi di melograno che troviamo sui nostri mercati, ecco perché si può pensare che una buona produzione italiana di questo frutto abbia ampi margini per imporsi su concorrenti magari più attrezzati ma ovviamente impossibilitati ad esprimere la stessa qualità, non fosse altro che per i lunghi trasporti ai quali sono costrette le loro merci. Un consumo che, secondo le ultime ricerche di mercato, è sempre più destagionalizzato e che è soprattutto in grado di diversificarsi dal frutto fresco ai prodotti lavorati, sia alimentari che cosmetici. Le possibilità sono quindi numerose e rappresentano il fulcro di una crescita della domanda che sfiora il 20% annuo a livello europeo. Un’opportunità da sfruttare per il sistema agroalimentare italiano, che al momento sembra esprimere una quota intorno ai 500 ettari coltivati, mentre i più grandi produttori hanno quote incomparabili, ad esempio con l’Iran che può contare su 65mila ettari coltivati. Il Lazio rappresenta in Italia la regione che prima delle altre ha saputo cogliere la novità, con circa il 50% degli impianti a livello nazionale, seguito dalla Sicilia (37%) e poi da Basilicata, Abruzzo e Umbria con quote minori. D’altronde la pianta di melograno soffre le temperature troppo rigide ed è quindi fortemente a rischio nelle regioni del nord Italia. Al momento la domanda nel nostro Paese stenta ancora a decollare, ma se nello specifico non si conoscono tutte le virtù del melograno è pur vero che in Italia c’è un enorme crescita dei prodotti di tipo salutistico e quindi è pensabile che a breve aumenterà anche il consumo di melograno, sia come frutto sia per spremute e succhi.

Quello che realmente manca, al momento, è forse l’ottica di filiera. Ovvero realtà che siano in grado innanzitutto di fare promozione e informazione, ma anche di raccogliere e mettere a regime sistemi di lavorazione e distribuzione avanzati. Anche perché molti dei prodotti derivati, come i succhi, mantengono intatte la maggior parte delle proprietà salutistiche del melograno anche dopo lavorazioni industriali e quindi rappresentano davvero un investimento di ampio respiro.

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