La Politica Agricola Comune (PAC) rappresenta l’insieme delle regole riferite al comparto agricolo che l’Unione europea ha definito sin dalla sua nascita per uno sviluppo equo e stabile dei Paesi membri.
Avviata nel 1962, ai sensi dell’articolo 39 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione europea, la PAC persegue i seguenti obiettivi:
- incrementare la produttività dell’agricoltura;
- assicurare un tenore di vita equo alla popolazione agricola;
- stabilizzare i mercati;
- garantire la sicurezza degli approvvigionamenti;
- assicurare prezzi ragionevoli ai consumatori.
Oggigiorno, l’Unione europea deve affrontare altre sfide tra cui anche:
- la sicurezza alimentare — a livello mondiale, la produzione di alimenti dovrà raddoppiare per alimentare una popolazione mondiale di 9 miliardi di persone nel 2050,
- i cambiamenti climatici e la gestione sostenibile delle risorse naturali,
- la tutela delle campagne nell’UE e il mantenimento in vita dell’economia rurale.
La PAC è una politica comune a tutti gli Stati membri dell’Unione europea, gestita e finanziata a livello europeo con risorse del bilancio annuale dell’UE. È una delle politiche comunitarie di maggiore importanza, impegnando circa il 34% del bilancio dell’Unione europea.
L’articolo 3 del Trattato di Roma afferma che la Comunità ha il compito di promuovere, mediante l’instaurazione di un mercato comune e il graduale riavvicinamento delle politiche economiche degli stati membri, uno sviluppo armonioso delle attività economiche. Per raggiungere tale scopo, occorreva:
- Abolire i dazi doganali tra gli stati membri;
- Istituire tariffe doganali e politiche commerciali nei confronti degli stati terzi;
- Eliminare gli ostacoli tra gli stati membri di capitali, servizi e persone;
- Instaurare una politica comune nel settore dei trasporti e in quello dell’agricoltura;
- Creare un Fondo sociale europeo e una Banca europea, per promuovere gli investimenti.
La PAC (Politica Agricola Comune o Comunitaria), fin dal suo inizio si era prefissata due obiettivi:
- Soddisfare gli agricoltori grazie al prezzo di intervento. Questo era il prezzo minimo garantito per i prodotti agricoli stabilito dalla Comunità Europea. Il prezzo delle produzioni non poteva scendere al di sotto di questo;
- Orientare le imprese agricole verso una maggiore capacità produttiva (limitando i fattori della produzione, aumentando lo sviluppo tecnologico e utilizzando delle migliori tecniche agronomiche).
Per perseguire gli obiettivi richiamati nel presente documento, fu istituito il FEOGA (Fondo Europeo di Orientamento e Garanzia Agricola); questo ente finanziario aveva il compito di raggiungere questi due obiettivi. Il mantenimento dei prezzi fu assicurato dalla CEE, grazie ad apposite aziende che si preoccupavano dell’acquisto delle eccedenze di produzione; queste venivano acquistate ad un prezzo d’intervento leggermente inferiore a quello indicativo. Le eccedenze venivano in seguito vendute a Paesi terzi con esportazioni sottocosto. Nel peggiore dei casi, le eccedenze venivano tolte dal mercato e quindi letteralmente distrutte. A causa dei prezzi dei prodotti agricoli dei Paesi extracomunitari, troppo bassi rispetto a quelli della Comunità Europea, furono erette delle vere e proprie barriere doganali, che imponevano dazi sulle merci in ingresso, facendone crescere il prezzo e scoraggiandone, quindi, l’importazione.
Parallelamente, le esportazioni verso i Paesi dell’area extracomunitaria, furono incoraggiate con sovvenzioni (restituzioni) agli esportatori; tali restituzioni, compensavano la differenza tra prezzi comunitari più alti e prezzi esterni, più bassi. In tal modo, si ridussero le eccedenze che, altrimenti, sarebbero dovute essere acquistate dalle aziende incaricate dal FEOGA.
Il FEOGA
Questo meccanismo mostrò subito un difetto: l’obiettivo della garanzia prevalse su quello dell’orientamento, favorendo da parte delle aziende agricole una tendenza ad accontentarsi del profitto garantito dai prezzi di intervento e dai prelievi tariffari. Venivano favorite quindi, sia le aziende meritevoli, quelle dirette da imprenditori più capaci, sia quelle meno efficienti, a scapito dell’ammodernamento, con grave costo sopportato dalla Comunità europea.
A causa della crisi mondiale alimentare e del cambiamento climatico, la riforma della politica agricola comune è stata recentemente oggetto di dibattito all’interno del Parlamento europeo.
COME FUNZIONA LA PAC
La politica agricola comune presenta tre dimensioni:
- sostegno al mercato;
- sostegno al reddito;
- sviluppo rurale.
Queste tre dimensioni sono interconnesse e la sostenibilità globale del sistema dipende dalla loro capacità di agire collettivamente.
Per quanto riguarda il sostegno al mercato, va ricordato che l’agricoltura è più dipendente dal clima e dalle condizioni metereologiche rispetto a molti altri settori. Inoltre, vi è un intervallo di tempo inevitabile tra i segnali della domanda e la risposta dell’offerta, e piccole variazioni nei volumi di produzione possono avere effetti significativi sui prezzi, poiché il nostro consumo di alimenti è sostanzialmente costante rispetto ad altri prodotti.
Tali incognite giustificano il ruolo chiave che il settore pubblico svolge a garanzia della stabilità per gli agricoltori.
Per fornire una rete di sicurezza al mercato si utilizzano diversi strumenti di mercato.
Per quanto riguarda la seconda dimensione (il sostegno al reddito), oltre a garantire agli agricoltori un reddito di base, i pagamenti diretti assicurano anche la fornitura di beni pubblici ambientali.
La terza dimensione riguarda lo sviluppo rurale. I programmi nazionali (e a volte regionali) di sviluppo servono a far fronte alle esigenze specifiche e ai problemi delle zone rurali.
Pur basando i loro programmi sulla stessa gamma di misure, gli Stati membri hanno la libertà di affrontare i problemi più urgenti sul loro territorio mediante approcci che riflettono le loro specifiche condizioni naturali, economiche e strutturali. Come parte integrante dei programmi di sviluppo rurale, il cosiddetto «approccio Leader» incoraggia le popolazioni locali ad affrontare le questioni locali.
Per quanto riguarda il finanziamento della politica agricola comune, esiste un bilancio massimo predeterminato (come per tutte le politiche dell’UE) fissato per un periodo di sette anni. Ciò garantisce un tetto per la spesa, permettendo nel contempo agli agricoltori di avere un’idea delle risorse disponibili. Le successive riforme hanno migliorato l’efficienza degli strumenti utilizzabili. Quelli meno efficienti sono stati progressivamente sostituiti con strumenti migliori, che consentono alla PAC di rispondere meglio alle esigenze degli agricoltori, nonché ai requisiti e alle esigenze dei consumatori.
Le prime due dimensioni (sostegno del mercato e sostegno al reddito) sono finanziate esclusivamente dal bilancio dell’UE, mentre la dimensione dello sviluppo rurale si basa sulla programmazione pluriennale ed è cofinanziata dagli Stati membri.
BREVE PERCORSO STORICO DELLA PAC
I sei paesi che costituirono il Mercato Europeo Comune erano appena usciti dalla guerra, in cui la popolazione aveva conosciuto situazioni di gravissima penuria alimentare. In Germania una situazione prossima alla fame si era perpetuata fino all’alba degli anni cinquanta. Quando i partner dell’accordo romano inviarono i propri ministri dell’agricoltura, circondati da stuoli di collaboratori tecnici, a Stresa, tra il 3 e l’11 luglio 1958, per decidere quale sarebbe stata la politica agraria del Mec, l’ordine dei governi era fondamentalmente uno: assicurare la certezza e l’abbondanza dei rifornimenti, qualunque situazione potesse attraversare il mercato mondiale. La durissima rivalità tra USA e Urss rendeva facilmente prevedibili, infatti, difficoltà di transito marittimo: l’imperativo fu di assicurare il cibo a tutti gli europei. Della situazione approfittò la Francia, consapevole delle proprie immense risorse agrarie. Lucidamente, de Gaulle ordinò al ministro Pisani di obbligare la Germania, che risentiva ancora, psicologicamente, della sconfitta, a pagare il conto del successo agricolo francese. Adenauer dovette ordinare al proprio ministro di accettare, per entrare nel consorzio, il diktat del Generale
Una delle misure consiste nella fissazione di livelli minimi di prezzo per i prodotti agricoli, che generano enormi eccedenze. La procedura usuale dell’Unione Europea è pagare gli esportatori perché vendano tali prodotti all’estero.
La storia dell’agricoltura del Mercato comune, che diverrà Comunità europea poi Unione europea, assorbendo, prima, la Grecia, l’Inghilterra, la Spagna e il Portogallo, poi tutti i paesi dell’est del Continente, è la storia dell’immenso successo della politica varata a Stresa, coronata da quell’abbondanza che si è tradotta, tra gli anni settanta e ottanta, in surplus di difficilissimo smaltimento.
Il Consiglio dei ministri europei ha dovuto combattere, negli anni, con difficoltà sempre più gigantesche, soprattutto contro un’opinione pubblica che ha dimostrato chiaramente di rifiutare di finanziare i surplus, e l’assedio concentrico di tutti gli esportatori mondiali, in primo luogo gli Stati Uniti, che pretendevano di esportare nel ricco mercato europeo.
Nel 1992 è stato approvato il progetto di riforma McSharry con il quale si cerca di ridurre l’onere della politica agricola comunitaria, così pesante da compromettere lo sviluppo di altre politiche.
Negli ultimi anni gli organi dell’Unione hanno radicalmente cambiato la politica tradizionale, i ministri dell’agricoltura possono vantare di avere assecondato gli impulsi dei media e dell’opinione pubblica. I nuovi regolamenti hanno drasticamente ridotto gli stimoli a produrre. Mentre in precedenza il reddito degli agricoltori comunitari veniva sostenuto principalmente a mezzo di sussidi, dagli anni ’90 si è cominciato a dare maggiore applicazione al sistema delle “quote” di produzione, in modo da garantire agli agricoltori un livello minimo dei prezzi dei prodotti e di ripartire equamente tra i vari paesi comunitari una quota di produzione garantita. Tale politica ha però avuto un esito sostanzialmente negativo, in particolare per l’Italia che, non avendo saputo ottenere quote adeguate alla sua capacità produttiva e al suo fabbisogno interno, ha visto molto penalizzato il proprio settore agro-alimentare. Ciò è dipeso anche dal fatto che i paesi mediterranei non hanno saputo fare fronte comune per difendere le loro esigenze specifiche nel settore agricolo, a differenza dei paesi dell’Europa settentrionale e della Francia che hanno saputo volgere la Politica Agricola Comunitaria a proprio favore attraverso un’azione più incisiva e presente.
In sintesi, dunque, il percorso storico che ha caratterizzato la PAC può essere riassunto nel seguente modo:
1957 Il trattato di Roma istituisce la Comunità economica europea (precursore dell’UE) tra sei paesi dell’Europa occidentale.
1962 Nasce la politica agricola comune. La PAC viene concepita come politica comune, con l’obiettivo di rifornire di alimenti a prezzi accessibili i cittadini dell’UE e di offrire un equo tenore di vita agli agricoltori.
1984 La PAC inizia a generare una serie di ripercussioni sul sistema. La produzione delle aziende agricole aumenta in misura tale da superare il fabbisogno di derrate alimentari. Le eccedenze sono immagazzinate e creano le famose «montagne di cibo». Vengono perciò introdotti diversi provvedimenti intesi ad adeguare il livello di produzione al fabbisogno del mercato.
1992 Cambia il compito della PAC: da sostegno al mercato a sostegno ai produttori. Il sostegno ai prezzi è ridotto, sostituito da sovvenzioni dirette agli agricoltori che sono incoraggiati ad adottare metodi più rispettosi dell’ambiente.
La riforma coincide con il summit sulla Terra (Rio de Janeiro), che introduce il principio dello sviluppo sostenibile.
2003 La PAC fornisce un sostegno al reddito. Una nuova riforma della PAC abolisce il legame tra sovvenzioni e produzione. Gli agricoltori ricevono ora un sostegno unico al reddito, a condizione di tutelare i terreni agricoli e di soddisfare determinate norme in materia di ambiente, benessere degli animali e sicurezza alimentare.
2013 Riforma PAC 2014-2020: La PAC viene riformata per rafforzare la competitività del settore agricolo, promuovere l’innovazione e l’agricoltura sostenibile e sostenere la crescita e l’occupazione nelle zone rurali.