Il Rame del biologico può diventare un problema maggiore dei prodotti di sintesi?

Il Rame del biologico può diventare un problema maggiore dei prodotti di sintesi?

di Fabio Ciarla

La domanda non è nuova, in molti infatti si stanno interrogando da tempo sui reali effetti delle coltivazioni biologiche nei vigneti d’Italia e d’Europa.

Il fatto di poter usare in vigna solo rame e zolfo sta creando, in alcune zone e in stagioni particolari, un concreto rischio inquinamento.

Il Rame in particolare è sotto accusa per le sue azioni neutralizzanti nel vigneto, anche per microrganismi positivi quindi, e per le alte capacità ossidative nel vino.

Si tratta pur sempre di un metallo difficile da smaltire, soprattutto se utilizzato in grandi quantità.

Il concetto a cui rifarsi, probabilmente, è ancora una volta quello della saggezza che unisce sostenibilità ambientale ed economica.

In alcune aree fare vino è difficile, semplicemente perché non sono del tutto vocate.

In questi casi è dunque quasi impossibile produrre in biologico, se non a patto di invadere il vigneto di materie che, pur non essendo prodotti di sintesi, alla fin fine sempre inquinanti sono quando diventano troppi.

In certe situazioni, se l’economia del territorio lo richiede, si può ugualmente coltivare la vite ma scegliendo il male minore, che a volte – magari – si configura in un uso ragionato dei prodotti di sintesi quando la stagione richiede grande protezione.

Poi, per fortuna, anche nelle zone più difficili d’Italia per la vigna, e sono poche, esistono stagioni tranquille, in cui i trattamenti sono ridotti al minimo e quindi, si farà pochissimo uso di prodotti.

Altrimenti sotto lo scudo, anche inconscio, del “biologico” si rischia di fare più danni del “convenzionale”. 

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