Biologico, un tema sempre più ricco anche per l’aumento delle preferenze dei consumatori, al quale Confagricoltura ha dedicato uno studio (scaricabile dal link in calce all’articolo) e un incontro nel quale sono emerse molte indicazioni interessanti per le aziende agroalimentari.
D’altronde l’Italia è il maggior esportatore mondiale di prodotti biologici ed investe nel biologico quasi l’11% della propria SAU, molto più della Francia (4,1%) e della Germania (6,3%) che pure sono consumatori di prodotti biologici più di noi.
Le aziende bio italiane, in generale, dimostrano – ha sottolineato il presidente di Confagricoltura Mario Guidi nel corso della tavola rotonda – grande vivacità, con una crescita sul mercato interno ed internazionale che va sostenuta dai nuovi programmi di sviluppo rurale regionali; molte altre imprese si aggiungeranno.
Le regioni però devono crederci.
Dal convegno è emerso difatti che dall’analisi dei 21 PSR la situazione cambia notevolmente a seconda dei territori; vi sono, infatti, regioni in cui la misura per il bio incide per circa il 20% dei budget dei PSR (come Calabria e Sicilia) ed altre in cui questa incidenza è estremamente limitata, come nel caso di Veneto, Campania, Lombardia e Piemonte che investono nel biologico risorse limitate: tra l’1,2 ed il 2,5% del budget complessivo dei PSR.
Occorre – ad avviso di Mario Guidi – modificare la normativa europea sull’accesso al mercato della Comunità e migliorare il sistema di controlli non solo sui prodotti importati ma anche su quelli coltivati e trasformati nel nostro Paese; spesso sono più finalizzati alla verifica dei finanziamenti relativi allo sviluppo rurale che alla verifica in campo della conduzione biologica.
A ciò si aggiunge spesso l’elevata burocrazia regionale che si limita a verifiche di tipo formale.
Naturalmente non poteva mancare un focus specifico sul sistema regolatorio e sui controlli, con la conferma che il biologico in Italia è un settore sano, anche se periodicamente si sono riscontrati comportamenti scorretti legati soprattutto alla fase di importazione di prodotti dall’estero.
A livello di Unione Europea comunque si conferma una forte attenzione a questo metodo produttivo, che tutela non solo l’ambiente ma anche la salute umana e gli animali.
Le aziende biologiche destinatarie dei pagamenti diretti ricevono appunto la componente ambientale obbligatoria, il cosiddetto ‘greening’, che ammonta al 30% del massimale; il che senz’altro spingerà – prevede Confagricoltura – verso una crescita significativa delle aziende che si dedicano alle coltivazioni bio.
di Fabio Ciarla