La viticoltura a Roma e nei Castelli Romani, un libro pieno di idee

La viticoltura a Roma e nei Castelli Romani, un libro pieno di idee

A bocce ferme, come si dice quando si può ragionare con calma, il settore vitivinicolo laziale e dei Castelli Romani è ancora chiamato a riflettere sul suo futuro. Partendo magari dal suo passato.

In questo senso è molto interessante da leggere il volume a firma Giulio Santarelli “La viticoltura a Roma e nei Castelli Romani” (Prefazione di Attilio Scienza – Pieraldo Editore).

Parliamo di un personaggio che ha fatto la storia di Marino e non solo, prima come politico (Presidente della Regione, Sottosegretario di Stato, Direttore Generale Arsial) e poi come produttore di vino (Castel de Paolis – Grottaferrata).

Il suo è un lavoro di ricerca molto approfondito, con notevoli contributi esterni ricercati con grande perizia, e finalizzato sicuramente ad un rilancio della produzione vitivinicola dell’area.

Partendo, però, dalle cause del declino, che – per dirne una tra le tante trovate nel libro – ha portato i vini dei Castelli Romani dall’essere i più costosi d’Italia a fine Ottocento a, probabilmente, l’esatto opposto di oggi.

Perché solo individuando le motivazioni specifiche, gli errori commessi, si può immaginare di trovare una via di rilancio.

Questa è la tesi di Santarelli, che con il figlio Fabrizio ora è un nome affermato del Frascati e produttore convinto del famoso Cannellino con uve attaccate da muffa nobile, e sicuramente il suo è un contributo importante che non riguarda solo la zona alta dei Castelli Romani ma tutto il comprensorio.

Sulle cause individuate non vorremmo svelare troppo, segnaliamo solo che le più importanti individuate sono due, una legata ai vitigni con l’eccessiva diffusione della Malvasia di Candia e una alle tecniche di coltivazione con il sesto di impianto a tendone.

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