di Fabio Ciarla
Sul tavolo tutte donne, in platea tutti (o quasi) uomini, già questo potrebbe dare una prima chiave di lettura, simbolica, del convegno tenutosi mercoledì 15 novembre nella sede CREA Viticoltura Enologia di Velletri dal titolo “Mercato del vino del Lazio: situazioni e prospettive future”.
In realtà i temi toccati nelle due ore dedicate al tema, con la presenza dell’Assessore all’Agricoltura Orlando Pocci e di numerosi produttori e operatori, sono stati molti, alcuni noti e ricorrenti, altri invece di innovazione e potenzialmente interessanti per lo sviluppo del settore nella nostra regione.
Dopo i saluti di Maria Cecilia Serra del CREA Viticoltura Enologia di Velletri che ha organizzato l’appuntamento, si sono susseguite le relazioni di Tiziana Sarnari dell’Ismea (Il Lazio del vino tra passato e futuro), di Roberta Sardone del CREA Politiche e Bio-economia (L’OCM vino: tra vincoli e opportunità, La sfida per la competitività) e di Serena Tarangioli del CREA Politiche e Bio-Economia (La progettazione integrale a favore del settore vitivinicolo).
I dati emersi dalla presentazione della Sarnari hanno fotografato una situazione preoccupante, con il vigneto Lazio fermo a quota 18 mila ettari e soprattutto una difficoltà a far apprezzare le nostre produzioni, testimoniata dalla redditività media di un ettaro di vigneto che vede gli agricoltori ricavare di più dalla produzione di uve generiche rispetto a quelle classificate come DOP (che ha sostituito a livello europeo la definizione DOC).
Insomma nella nostra regione conviene di più, per assurdo e ovviamente come valore medio e non dei singoli territori o produttori, fare uva di scarsa qualità piuttosto che buona o ottima.
Un problema che ha tante possibili soluzioni, illustrate in parte dagli interventi delle dottoresse Sardone e Tarangioli che hanno approfondito i temi ostici dell’OCM e dei PSR tra le altre cose.
La Tarangioli in particolare ha messo l’accento anche su una novità tutta italiana, ovvero l’inserimento nella Finanziaria (o Legge di Stabilità) dei “Distretti del Cibo”, sui quali sarebbe bene iniziare a lavorare da subito.
Il resto è storia quotidiana, il frazionamento delle aziende e le difficoltà del passaggio generazionale, la scarsa conoscenza dei vini locali nella ristorazione del Lazio e tante altre questioni che presuppongono soluzioni di lungo termine.