di Fabio Ciarla
Incredibilmente l’Italia era, e lo sarà fino all’approvazione della Legge di Bilancio, priva di una regolamentazione chiara sull’enoturismo.
Le aziende agricole, infatti, non potevano fatturare direttamente visite e degustazioni in cantina, cosa che invece si potrà fare una volta approvata la nuova norma proposta dal senatore Stefàno e frutto di un lavoro di concertazione con le varie anime del vino italiano.
Un primo traguardo, come sottolinea il segretario generale dell’Unione Italiana Vini Paolo Castelletti:
Siamo a un passo dal riconoscimento normativo dell’attività enoturistica, un momento storico per il nostro Paese. L’emendamento, inserito in finanziaria, recepisce i punti principali del ddl Stefàno e definisce il quadro fiscale e legislativo entro cui, finalmente, anche in Italia si potrà essere operatori enoturistici a tutti gli effetti.
Ma il Lazio come si presenta a questo appuntamento? Se la regione sconta problematiche ataviche sulla produzione, non meno complessa sembra l’accoglienza.
A parte alcune rarissime eccezioni, soprattutto di grandi aziende, non ci sono infatti strutture dedicate nelle cantine laziali.
Altro tasto dolente, forse in risoluzione anche questo, è quello delle Strade del Vino, nate come istituzioni proprio per incentivare l’enoturismo ma raramente funzionali e funzionanti.
Presenti in teoria ai Castelli Romani, attiva invece nella zona del Cesanese e in quella della Tuscia, è appena nata anche quella della Provincia di Latina che sembra rispondere a un approccio moderno e concreto.
La speranza di riuscire a sfruttare le nuove norme anche nel Lazio quindi c’è, speriamo non cada inascoltata.