di Fabio Ciarla
Proprio mentre gli olivicoltori sono impegnati nel momento più bello dell’anno, ovvero quello della raccolta e della molitura, si riaffacciano alcuni dei problemi che mettono a rischio l’intero settore.
Da una parte i costi di produzione che, come si sa, in Italia sono tra i più alti al mondo, sia per conformazione del territorio sia per pressione fiscale.
Dall’altra, elemento collegato al primo, si stanno riaccendendo le pratiche criminali dei furti, di macchinari e di olio finito, se non addirittura in casi specifici anche di olive.
Un problema enorme, che rischia di mettere in ginocchio piccoli produttori, mentre l’ultima questione – in termini di tempistiche ma non di importanza – provoca ogni anno enormi problemi a grandi e piccoli olivicoltori italiani, parliamo dell’introduzione di olio d’oliva da Paesi Extra Ue.
Il guaio, in questo caso, riguarda soprattutto le regolamentazioni, la tracciabilità e la sicurezza di questi prodotti importati in quanto, come è ormai noto, l’Italia non riesce a produrre nemmeno l’olio sufficiente per il fabbisogno interno e quindi è naturale che vi siano importazioni.
Il problema sono i costi ai quali questi arrivano e procedure nebulose con le quali spesso vengono certificati oli non EVO e, soprattutto, non sempre si riesce a tracciare al meglio le partite con conseguenti aumenti dei quantitativi finali con sapienti “tagli” tra i vari oli.
Di certo sarebbe necessario anche un piano di ammodernamento del settore italiano, nonché di una gestione diversa degli stock così da calmierare i prezzi.
Infine le istituzioni dovrebbero proteggere i coltivatori italiani regolarizzando gli arrivi dall’estero con tempistiche che siano il meno impattanti possibili sulla nostra stagionalità.